Traduzione italiana di Cities and Ambition di Paul Graham
Maggio 2008
Le città eccellenti attraggono persone ambiziose. Passeggiando per strada, ti rendi conto che una città ti invia un messaggio in modo più o meno sottile: potresti fare di più, dovresti impegnarti più a fondo.
La cosa sorprendente è che questi messaggi possono essere molto diversi tra loro. New York ti comunica soprattutto una cosa: devi guadagnare di più. Ovviamente ci sono anche altri messaggi: devi essere più alla moda, devi curare di più il tuo aspetto. Ma il messaggio più chiaro è che devi essere più ricco.
Quello che mi piace di Boston (o meglio di Cambridge) è che vuole dirti che devi essere più intelligente. Dovresti assolutamente leggere tutti quei libri che avevi intenzione di leggere.
Quando ci si chiede quale messaggio invia una città, a volte le risposte possono essere sorprendenti. Per quanto la Silicon Valley rispetti l’intelligenza delle persone, il suo messaggio è un altro: devi avere più potere.
Non è esattamente lo stesso messaggio che manda New York. Ovviamente il potere conta anche a New York, una città che si lascia impressionare da un miliardo di dollari, anche se li hai semplicemente ereditati. Nella Silicon Valley questo non importerebbe a nessuno, tranne che a qualche agente immobiliare. Ciò che conta nella Silicon Valley è il tuo impatto sul mondo. La gente si interessa a Larry e Sergey non perché sono ricchi, ma perché controllano Google, un’azienda che ha un’influenza globale.
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Quanto è importante il messaggio che invia una città? Molto, nella pratica. Si potrebbe pensare che con la sola forza di volontà si possono fare grandi cose e che il luogo in cui viviamo non ha molta importanza. Dove vivi dovrebbe fare al massimo un paio di punti percentuale di differenza. Ma la storia ci insegna che non è proprio così. Le persone che facevano grandi cose erano concentrate in pochi posti in cui quel genere di cose venivano fatte proprio in quel momento.
Per capire quanto sono potenti le città, si può leggere ciò che ho scritto qualche anno fa a proposito di Leonardo a Milano. Praticamente tutti i celebri pittori italiani del Quattrocento erano fiorentini, nonostante Milano fosse altrettanto grande. Le persone a Firenze non erano geneticamente diverse, quindi si può presumere che ci fosse qualcuno nato a Milano con le stesse abilità innate di Leonardo. Che cosa gli è successo?
Se neanche qualcuno con l’ingegno di Leonardo riesce ad opporsi alla forza dell’ambiente circostante, pensi di riuscirci tu?
Penso di no. Sono piuttosto testardo, ma non cercherei di contrastare questa forza. Piuttosto preferirei sfruttarla. Ho quindi riflettuto molto su dove vivere.
Credevo che Berkeley fosse il posto ideale, una sorta di Cambridge con un clima migliore. Poi ho provato a viverci un paio di anni fa e ho cambiato idea. Il messaggio di Berkeley è: devi vivere meglio. Berkeley è una città molto civile. Probabilmente è il posto in cui un nordeuropeo si sentirebbe più a casa in America, ma non brilla per la sua ambizione.
Ripensandoci, non è sorprendente che un posto così piacevole attiri persone interessate soprattutto alla qualità della vita. Cambridge con un clima migliore non sarebbe Cambridge. Gli abitanti di questa città non sono lì per caso. Bisogna fare dei sacrifici per viverci. È costosa e un po’ sporca e il tempo è spesso brutto. Quindi, chi ci vive vuole circondarsi di persone intelligenti, sebbene questo significhi vivere in un posto costoso, sudicio e con un clima pessimo.
Da ciò che ho scritto, Cambridge sembra essere la capitale intellettuale del mondo. Mi rendo conto che potrebbe sembrare un’affermazione assurda. Ma ciò che mi dà ragione è che sarebbe ancora più assurdo dirlo per qualsiasi altra città. Al momento, le università americane sembrano essere le migliori al mondo, a giudicare dal flusso di studenti ambiziosi. E quale città degli Stati Uniti lo rivendica maggiormente? New York? C’è un discreto numero di persone intelligenti, ma queste si mischiano a un numero di gran lunga maggiore di cavernicoli in giacca e cravatta. Anche nella Bay Area ci sono molte persone intelligenti, ma anch’esse si confondono nella massa. Ci sono due grandi università, tuttavia molto distanti tra loro. Harvard e il MIT hanno praticamente gli stessi standard della costa occidentale, e sono circondati da una ventina di altri college e università. [1]
Cambridge di conseguenza dà l’idea di una città il cui settore principale sono le idee, mentre a New York è la finanza e nella Silicon Valley sono le startup.
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In realtà mi riferisco alle città come insieme di persone. Per molto tempo, le città sono state gli unici grandi insiemi di persone, quindi si possono prendere le due idee in modo intercambiabile. Ma dagli esempi che ho citato, è possibile capire quanto stiano cambiando le cose. New York è la tipica metropoli, mentre Cambridge è solo una parte di una città, e la Silicon Valley non è nemmeno quello. (San Jose non è la capitale della Silicon Valley come a volte vorrebbe far credere. Rappresenta solo 461 km quadrati alla sua estremità).
Forse Internet cambierà ulteriormente le cose. Forse un giorno la comunità più importante a cui si appartiene sarà virtuale, e non avrà più importanza dove si vive fisicamente. Ma non ci scommetterei. Il mondo fisico ci manda moltissime informazioni e alcuni dei modi in cui le città inviano i messaggi sono piuttosto sottili.
Una delle cose che preferisco quando torno a Cambridge ogni primavera è camminare al tramonto e osservare all’interno delle case. Passeggiando per Palo Alto la sera, si scorge solo il bagliore blu dei televisori. A Cambridge ci sono scaffali pieni di libri invitanti. Probabilmente Palo Alto era molto simile a Cambridge nel 1960, ma ora non diresti mai che c’era un’università nelle vicinanze. Adesso è solo una delle zone più ricche della Silicon Valley. [2]
Una città parla di sé in modo casuale, con le scene che si possono vedere attraverso le finestre e con le conversazioni che si sentono di sfuggita. Non è qualcosa che bisogna andare a cercare, perché tanto è inevitabile. Uno dei rischi professionali di vivere a Cambridge consiste nel sentire per caso le conversazioni di persone che danno un’intonazione interrogativa alle frasi dichiarative. Ma in linea di massima, preferisco le conversazioni di Cambridge a quelle di New York o della Silicon Valley.
Un’amica che si è trasferita nella Silicon Valley alla fine degli anni ‘90 ha detto che l’aspetto peggiore di vivere lì era la scarsa qualità delle conversazioni che origliava. All’epoca pensavo volesse fare l’eccentrica. Certo, può essere interessante origliare le conversazioni altrui, ma è così importante che queste siano di buona qualità tanto da influire sul luogo in cui si sceglie di vivere? Ora capisco cosa intendeva. Le conversazioni che sentiamo per caso ci fanno capire in mezzo a che tipo di persone ci troviamo.
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Per quanto si possa essere determinati, è difficile non farsi influenzare dalle persone che si hanno attorno: non tanto perché si fa quello che la città si aspetta da noi, ma perché ci si scoraggia quando chi ci sta attorno non si interessa alle stesse cose che ci interessano.
Lo squilibrio tra incoraggiamento e scoraggiamento è lo stesso che c’è tra guadagnare e perdere denaro. La maggior parte delle persone sopravvaluta la perdita di denaro: lavora molto più duramente per evitare di perdere un dollaro piuttosto che per guadagnarne uno. Allo stesso modo, sebbene ci siano tante persone abbastanza forti da non fare qualcosa solo perché attorno a loro tutti la fanno, sono poche quelle abbastanza forti che continuano a lavorare su qualcosa che non interessa a nessuno.
Poiché le ambizioni sono in una certa misura incompatibili e l’ammirazione è un gioco a somma zero, ogni città tende a concentrarsi su un tipo di ambizione. Penso che Cambridge sia la capitale intellettuale non solo perché ospita una concentrazione di persone intelligenti, ma anche perché quello è l’unico interesse delle persone che ci vivono. Finché non avviano rispettivamente fondi speculativi o startup, i professori a New York e nella Bay Area sono considerati cittadini di seconda classe.
Questo risponde a una domanda che la gente a New York si fa fin dai tempi della Bolla: potrebbe diventare un hub di startup in grado di competere con la Silicon Valley? Una ragione per cui questo è improbabile è che qualcuno che avvia una startup a New York si sentirebbe come un cittadino di seconda classe. [3] C’è già qualcos’altro che i newyorchesi ammirano di più.
A lungo termine, potrebbe essere una cosa negativa per la città. La forza di una nuova importante tecnologia alla fine si converte in denaro. New York, rispetto alla Silicon Valley, dando più importanza ai soldi che al potere, si sta lentamente rendendosi conto di questa cosa. [4] E infatti sta perdendo il confronto con la Silicon Valley: il rapporto tra residenti di New York e della California inseriti nella lista Forbes 400 è passato dall’1,45 (81:56) quando questa è stata pubblicata per la prima volta nel 1982, allo 0,83 (73:88) nel 2007.
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Non tutte le città trasmettono un messaggio, ma solo quelle che sono il centro di un qualche tipo di ambizione. Per capire il messaggio di una città bisogna viverci. Capisco i messaggi di New York, Cambridge e della Silicon Valley perché ci ho vissuto per diversi anni. Anche Washington e Los Angeles sembrano voler comunicare qualcosa, ma non ci ho trascorso abbastanza tempo per poter dire cosa.
A Los Angeles, la cosa più importante sembra essere la fama. È importante far parte di una lista di persone famose o almeno essere amici di chi ne fa parte. In fondo, il messaggio è molto simile a quello di New York, anche se forse si pone maggiore enfasi sull’aspetto fisico.
A Washington sembra contare soprattutto chi conosci, si vuole far parte del giro. In fin dei conti, non è poi così diverso da ciò che ho detto su Los Angeles. C’è una cerchia di persone in cui si vuole entrare o perlomeno essere amici di chi ne fa parte. L’unica differenza è il modo in cui questa lista di celebrità viene stilata. Ma anche questo criterio non è poi così diverso.
Al momento, il messaggio di San Francisco sembra essere lo stesso di Berkeley: devi vivere meglio. Ma tutto cambierà se un numero sufficiente di startup la preferirà alla Silicon Valley. Durante la Bolla questo era un fattore predittivo di fallimento: una scelta autoindulgente, come l’acquisto di mobili costosi per il proprio ufficio. Tuttora sono diffidente quando le startup scelgono di installarsi a San Francisco. Ma se diverse buone startup lo faranno, non sarà più una scelta autoindulgente, perché il centro di gravità della Silicon Valley si sposterà lì.
Per quanto riguarda l’ambizione intellettuale, non ho trovato niente al pari di Cambridge. Oxford e Cambridge (in Inghilterra) sono un po’ come Itaca o Hanover: il messaggio c’è, ma non è così forte.
Parigi un tempo era un grande centro intellettuale. Nel 1300 probabilmente lanciava lo stesso messaggio che lancia ora Cambridge. Ma l’anno scorso ho provato a viverci per un po’ e ho capito che le ambizioni degli abitanti non sono intellettuali. Il messaggio di Parigi oggi è: fai le cose con stile. La cosa mi è anche piaciuta, a dire il vero. Parigi è l’unica città in cui ho vissuto dove la gente si interessava veramente all’arte. In America solo pochi ricchi acquistano opere d’arte originali, e anche i più raffinati raramente si interessano ad altro oltre al nome dell’artista. Ma osservando gli appartamenti parigini attraverso le finestre al tramonto, si può vedere che i suoi abitanti si interessano genuinamente all’aspetto di un quadro. Dal punto di vista visivo, nella capitale francese si possono origliare le migliori conversazioni in assoluto. [5]
C’è un altro messaggio che ho sentito nelle città: Londra, a fatica, ci dice ancora che dovremmo essere più aristocratici. Questo messaggio si può sentire anche a Parigi, New York e Boston, ma è ovunque molto debole. Era chiaro cent’anni fa, ma ora probabilmente non l’avrei neanche intercettato se non mi fossi sintonizzato di proposito su quella lunghezza d’onda, per capire se il segnale fosse ancora presente.
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Finora, l’elenco completo dei messaggi che ho raccolto nelle varie città riguarda: ricchezza, stile, tendenze, aspetto fisico, fama, potere politico, potere economico, intelligenza, classe sociale e qualità della vita.
A essere sincero, questa lista mi dà un po’ la nausea. Avevo sempre considerato l’ambizione una buona cosa, ma ora mi rendo conto che era perché l’avevo sempre implicitamente intesa come ambizione nelle aree a cui tenevo. Elencare tutte le ambizioni delle persone ambiziose non è poi così bello.
Alla luce della storia, con un’analisi più approfondita, noto alcune cose sorprendenti nell’elenco. Ad esempio, l’aspetto fisico non sarebbe rientrato nella lista cent’anni fa (anche se magari avrebbe potuto esserci 2400 anni fa). Ha sempre avuto importanza per le donne, ma alla fine del ventesimo secolo sembra che abbia cominciato ad assumerne anche per gli uomini. Non sono sicuro del perché… probabilmente si tratta di una combinazione del crescente potere delle donne, della maggiore influenza degli attori come modelli di riferimento e del fatto che oggi tante persone lavorano in ufficio: non puoi attirare l’attenzione indossando abiti troppo appariscenti per essere indossati in una fabbrica, devi quindi sfruttare il tuo aspetto fisico.
Seguire le tendenze è un altro elemento che non sarebbe stato nella lista cent’anni fa. O forse sì? L’importante è capire l’evoluzione delle cose. Forse ha semplicemente sostituito la componente di classe sociale che consisteva nell’essere sempre al corrente. Questo spiegherebbe perché le tendenze sono particolarmente importanti a Londra: è la nuova versione della tradizionale passione inglese per i codici oscuri che solo i membri di una cerchia capiscono.
Il potere economico forse sarebbe rientrato nella lista anche 100 anni fa, ma il suo significato sta cambiando. Un tempo significava controllare vaste risorse umane e materiali. Oggi invece consiste nella capacità di dirigere il corso della tecnologia, e alcune delle persone in grado di farlo non sono nemmeno ricche, come ad esempio i leader di importanti progetti open source. I capi dell’industria del passato si circondavano di persone intelligenti che creavano nuove tecnologie per loro. Al giorno d’oggi, sono loro stessi quelle persone.
Man mano che questa forza riceve più attenzione, un’altra sta abbandonando la lista: la classe sociale. Credo che i due cambiamenti siano connessi. Il potere economico, la ricchezza e la classe sociale sono solo nomi diversi per indicare lo stesso concetto nelle sue diverse fasi: il potere economico si converte in ricchezza e la ricchezza in classe sociale. Quindi il punto di messa a fuoco dell’ammirazione si sta semplicemente spostando verso l’alto.
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E’ obbligatorio vivere in una grande città per fare cose importanti? No. Tutte le grandi città sprigionano una sorta di ambizione, ma non sono gli unici luoghi che lo fanno. Spesso, l’unica cosa necessaria è avere un gruppo di colleghi di talento.
Le città offrono un pubblico e un canale per entrare in contatto con i propri simili. Questi elementi non sono così critici in campi come la matematica o la fisica, dove l’unico pubblico che conta solo i tuoi colleghi e dove c’è meno ambiguità nelle valutazioni così che i comitati di selezione possono essere efficaci. In questi campi, l’unico aspetto necessario è circondarsi dei colleghi giusti. Si potrebbe andare ovunque: anche a Los Alamos, in Nuovo Messico, per esempio.
È in campi come l’arte, la scrittura o la tecnologia che conta essere in un ambiente più ampio. In questi casi, i migliori professionisti non si trovano in pochi dipartimenti universitari e laboratori di ricerca di alto livello. Questo avviene sia perché un talento di questo tipo è più difficile da giudicare, sia perché le persone pagano per queste cose, quindi non è necessario affidarsi ai sussidi per l’insegnamento e la ricerca per vivere. In questi settori più caotici, vivere in una grande città può fare la differenza: hai bisogno di sentire che le persone che ti circondano si interessano a quello che fai, e poiché devi trovare da solo i tuoi simili, è necessario un bacino molto più ampio.
Tuttavia, per approfittare dei vantaggi di una grande città, non c’è bisogno di viverci per tutta la vita. Gli anni critici sembrano essere quelli iniziali e intermedi della propria carriera. È chiaro quindi che non è necessario crescere in una grande città. Né sembra essere importante frequentarvi l’università. Per la maggior parte degli studenti universitari, un luogo con poche migliaia di persone è abbastanza grande. Inoltre, in questo periodo della vita, non si devono ancora affrontare nuovi tipi di problemi.
L’incoraggiamento diventa utile ed è importante trovare i propri simili quando si compie il difficile passo successivo. Una volta trovati questi elementi, si può anche andare via. È il tipico percorso degli impressionisti: tutti provenivano da diversi luoghi della Francia (Pissarro è nato nei Caraibi), ma ciò che li ha formati sono stati gli anni trascorsi assieme a Parigi.
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A meno che una persona non sia sicura di ciò che vuole fare e del posto giusto in cui farlo, la scelta migliore è provare a vivere in posti diversi finché si è giovani. Non si può capire il messaggio di una città finché non ci si vive. Sempre che questa ne abbia uno… Spesso le informazioni in nostro possesso sono sbagliate: quando avevo 25 anni ho provato a vivere a Firenze convinto di arrivare nella culla dell’arte, ma mi sono reso conto di essere in ritardo di 450 anni.
Anche quando una città pullula di ambizione, non saprai con certezza se il suo messaggio è quello giusto per te finché non lo avrai sentito. Inizialmente, quando mi sono trasferito a New York, ero molto eccitato. Si sa, è un posto elettrizzante. Ma mi ci è voluto un bel po’ per capire che non ero come le persone che avevo attorno. Continuavo a cercare la Cambridge di New York e capii che si trovava piuttosto fuori città, a circa un’ora di volo.
Ci sono persone che a 16 anni sanno già che lavoro faranno, ma per la maggior parte dei ragazzi ambiziosi, la pura ambizione sembra precedere l’oggetto della stessa. Sanno di voler fare qualcosa di grandioso, ma non hanno ancora deciso se diventare una rock star o un neurochirurgo. E non c’è niente di sbagliato. Ma se si ha questo tipo di ambizione, si dovrà procedere per tentativi. Probabilmente, solo dopo aver trovato la città in cui ci si sente a casa si può trovare anche la propria ambizione.
Note
[1] Questo è uno dei vantaggi quando un governo non controlla le università del Paese. Quando i governi decidono come distribuire le risorse, gli accordi politici fanno sì che le cose si diffondano geograficamente. Nessun governo centrale metterebbe le sue due migliori università nella stessa città, a meno che non sia la capitale (il che causerebbe altri problemi). Ma agli studiosi piace aggregarsi tanto quanto alle persone in qualsiasi altro campo, e quando hanno questa libertà ne traggono gli stessi vantaggi.
[2] Ci sono ancora alcuni vecchi professori a Palo Alto, ma muoiono uno dopo l’altro e le loro case vengono trasformate dagli sviluppatori in villoni a schiera, vendute ai VP del Bus Dev.
[3] Quante volte capita di leggere dei fondatori di startup che hanno continuato a vivere a basso costo mentre le loro aziende decollavano? Che hanno continuato a vestirsi in jeans e maglietta, a guidare la vecchia auto dei tempi dell’università, e così via? Se uno lo facesse a New York, la gente lo tratterebbe di merda. Se una persona entra in un ristorante raffinato di San Francisco in jeans e maglietta, tutti sono gentili perché potrebbe essere qualcuno di importante. Questo non succede a New York.
Un segno del potenziale di una città come centro tecnologico è il numero di ristoranti che ancora richiedono l’utilizzo di una giacca. Secondo Zagat non ce ne sono a San Francisco, Los Angeles, Boston e Seattle. Ce ne sono invece 4 a Washington, 6 a Chicago, 8 a Londra, 13 a New York e 20 a Parigi.
(Zagat inserisce in questa lista la Ritz Carlton Dining Room di San Francisco ma non ci ho creduto e ho quindi deciso di chiamare per verificare. Avevo ragione! A quanto pare c’è un solo ristorante sulla costa occidentale che richiede la giacca: il French Laundry nella Napa Valley).
[4] Le idee sono un gradino sopra il potere economico, quindi è ipotizzabile che i centri intellettuali come Cambridge un giorno avranno un vantaggio sulla Silicon Valley, come quello che la Valley ha su New York.
Questo sembra improbabile al momento perché Boston è sempre più indietro. L’unico motivo per cui ho accennato a questa possibilità è perché il percorso che dalle idee porta alle startup è di recente diventato più agevole. Ora, alcuni hacker senza nessuna esperienza aziendale potrebbero avviare una startup molto più facilmente rispetto a 10 anni fa. Magari tra 20 anni, l’equilibrio del potere inizierà a vacillare. Non ci scommetterei, ma non penso sia impossibile.
[5] Se Parigi è il luogo in cui la gente tiene di più all’arte, perché New York è il cuore del business dell’arte? Perché nel ventesimo secolo, l’arte come marchio si è separata dall’arte come sostanza. New York è la città in cui si trovano gli acquirenti più ricchi, ma ciò che interessa loro è il marchio, e dal momento che puoi basare un marchio su qualsiasi cosa abbia uno stile sufficientemente identificabile, puoi usare anche un prodotto locale.